Katie Eary, Spring - Summer 2010
Katie Eary, Spring - Summer 2010
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Warning: Explicit Content
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I Club Kids del 2010 irrompono sulle passerelle londinesi.
I folli festaioli dai costumi deliranti e oltraggiosi, protagonisti assoluti della scena notturna newyorkese degli anni novanta sono tra noi. Mutano il pelo, ma non il vizio.
Efebici soldati dalle armature impreziosite da incrostazioni dorate, pellicce, maschere e belletti, pronti a succhiare il midollo della loro esistenza. Glamorus soldiers devoti al dio Spleen, dal tocco senza amore. Questo il mondo di cui si fa specchio la collezione di Katie Eary, che partecipa al progetto MAN, sfilando alla fashion week londinese.
La vera battaglia è quella tra anima e corpo. L’arbitro è la droga. In un processo di destrutturazione dell’abito condotto fino all’inverosimile, dove il corpo, nostro primo abito, si sfodera e si rivela più luccicante che mai, ispiratore di patterns decorativi di t-shirt e di splendenti gioielli armatura. L’epidermide traslucida rivela ossa che anelano eroina, in quel fenomeno che Burroughs, esponente di spicco della beat generation, definiva come "Junkie", il terribile processo di astinenza dall’eroina che provoca lancinanti dolori alla colonna vertebrale, nonché titolo di un suo famoso romanzo degli anni cinquanta. E fonte di ispirazione primaria di questa collezione.
Ipersensibili umanoidi dallo sguardo anestetico, pronti ad ogni eccesso e alla vendita di sé. Isole di insicurezza e dolore pronte a vendere la loro essenza o il loro avatar al miglior offerente, per un briciolo di vita. Dagli anni cinquanta ai novanta, fino ad arrivare alla nuova decade alle porte, le cose non sembrano tanto cambiate. Da meri osservatori, facciamo nostra l’astinenza dal giudizio.
Sicuramente è bene puntare il dito su una considerevole fetta di mondo. Più reale ed in crescita che mai. E quale mezzo migliore se non un forte shock visivo ed estetico, per scrollare la patina di “tranquillità” dei benpensanti?!
Scommettiamo sull’eleganza sovversiva di Katie Eary.
di Leonardo Iuffrida
.
.
Per ulteriori informazioni:
http://www.katieeary.co.uk
I folli festaioli dai costumi deliranti e oltraggiosi, protagonisti assoluti della scena notturna newyorkese degli anni novanta sono tra noi. Mutano il pelo, ma non il vizio.
Efebici soldati dalle armature impreziosite da incrostazioni dorate, pellicce, maschere e belletti, pronti a succhiare il midollo della loro esistenza. Glamorus soldiers devoti al dio Spleen, dal tocco senza amore. Questo il mondo di cui si fa specchio la collezione di Katie Eary, che partecipa al progetto MAN, sfilando alla fashion week londinese.
La vera battaglia è quella tra anima e corpo. L’arbitro è la droga. In un processo di destrutturazione dell’abito condotto fino all’inverosimile, dove il corpo, nostro primo abito, si sfodera e si rivela più luccicante che mai, ispiratore di patterns decorativi di t-shirt e di splendenti gioielli armatura. L’epidermide traslucida rivela ossa che anelano eroina, in quel fenomeno che Burroughs, esponente di spicco della beat generation, definiva come "Junkie", il terribile processo di astinenza dall’eroina che provoca lancinanti dolori alla colonna vertebrale, nonché titolo di un suo famoso romanzo degli anni cinquanta. E fonte di ispirazione primaria di questa collezione.
Ipersensibili umanoidi dallo sguardo anestetico, pronti ad ogni eccesso e alla vendita di sé. Isole di insicurezza e dolore pronte a vendere la loro essenza o il loro avatar al miglior offerente, per un briciolo di vita. Dagli anni cinquanta ai novanta, fino ad arrivare alla nuova decade alle porte, le cose non sembrano tanto cambiate. Da meri osservatori, facciamo nostra l’astinenza dal giudizio.
Sicuramente è bene puntare il dito su una considerevole fetta di mondo. Più reale ed in crescita che mai. E quale mezzo migliore se non un forte shock visivo ed estetico, per scrollare la patina di “tranquillità” dei benpensanti?!
Scommettiamo sull’eleganza sovversiva di Katie Eary.
di Leonardo Iuffrida
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Per ulteriori informazioni:
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Steven Klein, "Meat Packing", L'Uomo Vogue n. 367
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