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martedì 14 settembre 2010

focus on: CAMO Spring/Summer 2011 - Pitti Uomo 78

Stefano Ughetti - CAMO

CAMO espone la scorza più dura dell’uomo.
A capo di questa iniziativa c’è Stefano Ughetti, giovane designer italiano in concorso a "Who is on Next? - Pitti Uomo 78". Per la prossima estate propone una collezione ispirata al film “L'albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi e ai libri “Lassù gli ultimi” e “Fame d'Erba” di Gianfranco Bini. Un’originale interpretazione italiana di un riavvicinamento al lato più autentico della mascolinità, avviato in questi ultimi anni da grandi nomi come Tom Ford, Lagerfeld e Dolce & Gabbana. Un altro seme portato da questa ventata di realismo che, contro frivoli infiocchettamenti rococò, sta plasmando un rinnovato terreno nella moda che brama l’autenticità. “Un profondo sguardo alle proprie radici per seguire la propria natura e diventare ciò che si è”, sottolinea Ughetti.
Un aulico inno alla semplicità dei valori, che fa eco alla produzione pittorica di Giovanni Fattori e Antonio Rotta.

Perchè CAMO?
E’ l’abbreviazione di camouflage, che significa mimetizzato, mascherato. Per me è il modo di comunicare la necessità delle persone di “camuffarsi” all’interno della propria società e delle sue regole per essere accettati, e allo stesso tempo il poter comunicare sé stessi tramite dettagli e materiali.






Qual è il tema della collezione primavera-estate 2011?
E’ il country, inteso come radice, terra, madre terra, cultura, lingua e tradizione. Perché c’è un filo diretto che lega le persone al luogo dal quale provengono. Io sono di Biella, una città piena di colline, montagne e campi, e ho voluto giocare con contadini, agricoltori e pastori. Mi piaceva l’idea di ritornare ad un tempo passato, a quando i nonni e le persone di quell’epoca vivevano di questi mestieri. Ancora oggi in tanti piccoli paesini trovo bellissimo vedere i vestiti che usano gli anziani e vedere come li portano. Il loro stile avviene molto naturalmente e non per un’esigenza di moda. Basti pensare ai colori utilizzati, gli stessi della natura e delle campagne. Non ci sono colori fluorescenti, forti, artificiali. E poi è straordinariamente affascinante il modo in cui li portano. Vedere oggi il pastore con la coperta sulle spalle, il bastone, il berretto, è molto particolare. Per lui il berretto d’estate nasce da esigenze pratiche perché si sveglia alle quattro di mattina, mentre oggi per un ragazzo è un elemento che può essere insolito, ma fortemente comunicante. I miei capi hanno questa duplice faccia: esprimono un’atmosfera magari antica o lontana, ma sono assolutamente odierni. Come la coperta che usava il pastore sulla spalla, oggi perfetta per un picnic.




Questo piccolo triangolo sul pantalone ha un valore simbolico o puramente formale?
Era una definizione che completava un pantalone, un dettaglio nato quasi per sbaglio e che determinava alcuni dettagli in pelle di collezioni precedenti. Poi per questo specifico modello di pantalone è stato riconfermato perché identificava uno dei nostri capi best seller.


Qual è la tua posizione riguardo al riconoscimento del logo con il marchio?
In generale posso dire di non essere particolarmente a favore dei loghi, perché non mi piace identificare la mia linea con quello né con la parola brand, tanto che qualcuno mi ha fatto notare che ho cambiato la mia etichetta nel corso di alcune collezioni. Sinceramente per me è stato un modo in più per comunicare e non una mancanza di comunicazione. Dico questo perché alcuni hanno visto un’etichetta diversa come un’incertezza, invece, proprio perché io non voglio essere un logo-brand, ho camuffato l’etichetta a seconda delle collezioni. Essendo “CAMO” una parola di quattro lettere, oltretutto non registrabile perché comune come acqua o fuoco, quest’anno l’ho caratterizzata con un font pulito e semplice per legarla alla tradizione del mio territorio. Nella collezione autunno-inverno 2010-11 ho utilizzato uno stile circense, mentre nella collezione dell’anno scorso il font è stato ripreso da una vecchia maglia e aveva dei puntini all’interno della lettera, perché doveva avere un aspetto rovinato, quasi vecchio. Un'imperfezione cercata e voluta, un difetto per chi la tesse.

Mutare il logo: una scelta che dimostra un’identità molto solida.
Questo caratteristico adattamento della parola “CAMO” all’ispirazione della collezione è un modo in più per comunicare una sicurezza che c’è già nel momento in cui l’identità di un prodotto è molto forte. E' chi non ha un’identità così forte che ha bisogno di loghi, di scritte, di un’etichetta che rimanga sempre uguale. Ovviamente in tutte le mie etichette ho sempre mantenuto delle regole, come le dimensioni, il mantenimento di determinate distanze. Il riconoscimento di una stessa matrice avviene perciò involontariamente, con l’identificazione precisa ad una collezione tramite i dettagli. Infatti molti dei miei capi subiscono dei restyling a seconda del mood della collezione, ma l’anima rimane sempre la stessa.

Abbiamo visto dei pantaloni molto ampi con un cavallo bassissimo.
Sono degli “harem trousers”. Li ho proposti quest’anno solo per la collezione donna, che ho presentato per la prima volta in questa edizione di Pitti Uomo. Un pantalone creato in realtà un anno fa, in omaggio alla crisi che tormentava tutti. Abbiamo identificato questo momento come un ostacolo, soprattutto per noi che in questo momento dobbiamo crescere. Giocando sull’ironia l’ostacolo è diventato vero e per questo motivo ho fatto una collezione ispirata al mondo dell’ippica. Volendo che ognuno si identificasse con i nostri modelli li abbiamo vestiti con un turbante e gli occhiali, quindi potevano essere di qualsiasi etnia ed è venuta fuori un’atmosfera arabeggiante, sullo stile di Lawrence d'Arabia. Mi divertiva creare questo pantalone dallo stile un po’ turco, popolarissimo per le donne, declinandolo al maschile.


Ippica, circo e lavoro in campagna. Ma i tuoi abiti potrebbero essere veramente utilizzati per queste attività?
Le mie collezioni vengono pensate per un cliente ricercato che possa farne un uso quotidiano, portando con sé il profumo di un mondo che ho immaginato. Di certo sono destinate ad un elegante boutique e non per una passeggiata a cavallo…

Camo Spring/Summer 2010

Camo Fall/Winter 2010-11

Camo Spring/Summer 2011


Text by Leonardo Iuffrida
Translation by Alessandro Mancarella
Photos by Leonardo Iuffrida and Alessandro Mancarella
Campaign photos courtesy of Camo

Info: www.camofactory.com


CAMO shows the strongest peel of men.
At the top of this enterprise there is Stefano Ughetti, who is a young Italian designer that participated to “Who is on Next? – Pitti Uomo 78”. His next summer collection is inspired by the movie “The tree of wooden clogs” directed by Ermanno Olmi and the books “Above the last ones” and “Grass Hunger” written by Gianfranco Bini. An original Italian interpretation of an approach to manhood’s most authentic side, started during these years by big names such as Tom Ford, Lagerfeld and Dolce & Gabbana. Another seed taken by this gust of realism that against frivolous rococo ribbons has been moulding a renewed ground for fashion that desires authenticity. “ A deep glance to our own roots to follow our inner nature and become who we really are”, remarks Ughetti.
A dignified hymn to the simplicity of values, that makes echo to Giovanni Fattori and Antonio Rotta’s pictorial production.

Why CAMO?
It is the abbreviation of the word camouflage. To me it is the way to communicate the necessity of the people to “disguise” inside the society and its rules to be accepted, and at the same time being able to express yourself through details and materials.

What is the theme of this spring-summer 2011 collection?
It is the country, meant as root, earth, mother earth, culture, language and tradition. Because there is a relationship between people and the place they come from. I am originally from Biella, a town full of hills, mountains and fields. I wanted to play with peasants, farmers and shepherds. I liked the idea to turn back to a past time, when the grandparents and the people of that period used to live with these jobs. Still today in many small villages I find very beautiful to see old people’s clothes and how they wear them. Their style takes place in a very natural way and not for fashion needs. Just think about the colours employed, the same of the nature and the countryside. There are no fluorescent, strong or artificial colours. And it is extraordinarily charming the way they wear these clothes. Seeing today the shepherd with a blanket over his shoulders, stick and cap is very particular. For him the cap during summer is a practical demand because he wakes up at 4 am, while for a boy today it is an element that can be unusual, but highly communicative. My items of clothing have this double face: they express an ancient or far atmosphere, but in an absolutely modern way. Like the blanket that the shepherd used on his shoulder, it could be perfect today for a picnic.

Does this little triangle on the trousers have a symbolic value or a purely formal one?
It was a definition that completed a pair of trousers, a detail born almost by mistake and it determined some leather’s features of previous collections. Then for this specific type of trousers it has been reconfirmed because it identifies one of our best-selling items.

What is your point of view about the logo as brand recognition?
In general I can say that I am not particularly in favour of logos because I do not like to identify my line with them and with the word brand too, moreover somebody pointed me out that I had been changing my label during different collections. Honestly in my opinion it is an additional way to communicate and not a lack of communication. I tell it because some people considered changing my label as a personal uncertainty, but, instead, precisely because I do not want to be a logo-brand, I disguised the label according to the collections. Being “CAMO” a word of four letters, what’s more it cannot be registered as a trademark because it is common as water or fire, this year I typified it with a simple and clean font to connect it to the tradition of my country. In fall-winter 2010-11 collection I used a circus style, while in last year one the font was taken from an old top and it had little spots inside the letters to give it a ruined and almost old look. A searched and wanted imperfection, a flaw for those who weaves it.

Changing the logo: a choice that shows a really strong identity.
This distinctive arrangement of the word “CAMO” to the collection’s inspiration is an additional element to communicate the confidence that is present from the moment in which the product’s identity is really strong. Those who do not have such a strong identity need logos, writings and an ever-identical label. Of course in all my labels I have always kept some fixed rules, such as sizes, the maintenance of specific spacing. The recognition of a common matrix happens in an unconscious way, with the particular identification to a collection through the details. In fact a lot of my items undergo restyling, according to the collection’s mood, but the soul always remains the same.

We have seen a pair of baggy pants with low crotch.
They are “harem trousers”. I proposed them this year only for the women’s collection, for the first time I present it during this edition of Pitti Uomo. A pair of trousers created about a year ago, as a tribute to the crisis that persecuted everyone. We identified it as an obstacle, especially for us that during that moment had to grow. Playing irony, the obstacle became real and for that reason I created a collection inspired by the world of horse races. We wanted the people to identify with our models, so we dressed them with turban and glasses. They could have been of any ethnic group and it came out an Arab atmosphere, about Lawrence of Arabia style. I had so much fun creating these trousers from the Turkish look, so popular for the women, declining them to the menswear.

Horse races, circus and work in the countryside. Do you think that your clothes could really be used for these activities?
My collections are thought for a refined customer, able to make a daily use of them and to carry the scent of a world I have pictured in my mind. For sure they are addressed to an elegant boutique and not to a horse riding excursion…

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