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venerdì 16 novembre 2012

Luca Guadagnino Interview - Louis Vuitton Journeys Awards in collaboration with Rome Film Festival - Intervista a Luca Guadagnino


Produttore, sceneggiatore, regista e ora anche presidente di giuria dell’ultima edizione dei Journeys Awards, concorso promosso da Louis Vuitton per sostenere i giovani cineasti. Indubbiamente Luca Guadagnino, classe 1971, ha il cinema nel sangue. “Melissa P.” gli dà notorietà, ma è il film “Io sono l'amore” con Tilda Swinton che gli fa conquistare il favore della critica, indirizzandolo direttamente verso due importanti nomination, miglior film straniero ai Golden Globe e migliori costumi agli Oscar. Ci sediamo accanto a lui, mentre nella sala proiezioni dello spazio Etoile di Louis Vuitton a Roma passano in rassegna i video dei vincitori. E’ Luca Guadagnino che cerca di metterci a nostro agio, dimostrando da subito garbo ed eleganza. Sin dalle prime domande appare misterioso, enigmatico, come un artista dall’animo sfaccettato e composito, le cui parole racchiudono un mondo interiore ricco, complesso, profondo, straordinariamente affascinante.


Quando è nata la tua passione? Quando hai deciso di investire i tuoi sforzi nel cinema?
Il cinema è la mia vita. Io quello che faccio sono. Non ho mai visto questo tipo di mestiere come una forma di investimento. Io non ho investito niente. Questo è il mio modo di essere. Ci sono molti colleghi che investono, che fanno le scuole di cinema e seguono un percorso canonico e spesso, a seconda dal talento, questo traspare nel loro lavoro. Io ho pensato di fare cinema da sempre. Avevo la mia piccola superotto a otto anni. Non ho mai fatto nulla che non avesse sincera, autentica, innata vocazione.

Quali sono i film che hanno segnato il tuo percorso?
Rispondo con i film che mi vengono in mente in questo momento. "Elephant Man" di David Lynch, "Novecento" di Bertolucci, "Aurora" di Murnau. Ma come questi tre possono essercene altri 200. L’idea delle classifiche è un’idea del tardo capitalismo globale.

Secondo te qual è il ruolo che ha il cinema nel nostro presente e in generale nella storia?
Il cinema riflette sempre la contemporaneità. Il cinema è tale nel momento in cui manifesta l’espressione di un desiderio, collettivo o individuale. E la moda fa lo stesso.

C’è una ricerca che persegui, uno scopo ultimo alla base del tuo lavoro?
Ritengo che sia importante essere sempre in grado di conservare un’immediatezza, un’urgenza del fare anche di fronte ad un lungometraggio che richiede studio e una grande preparazione sul campo.

Qual è il tuo rapporto con il web?
Leggo tra le maggiori testate nazionali e internazionali, come repubblica.it, ilmanifesto.it, corriere.it e tra i blogger The Sartorialist. E’ un blog un po’ austero per i miei gusti, ma le foto sono molto belle. Tutto era nato da scatti di persone vestite con un gusto personale. Ora per assurdo siamo tutti vestiti come The Sartorialist. E questo è insopportabile.

Qual è il tuo punto di vista sulla tecnologia digitale applicata al cinema e la moda?
Ad esempio Louis Vuitton è in grado di realizzare oggetti di grande piacere e desiderio anche utilizzando tessuti altamente tecnologici. Nel caso del cinema, la tecnologia permette una più rigida selezione perché essendo il suo utilizzo più accessibile, rende più diretta la possibilità ai giovani cineasti di fare e di fare con una qualità superiore. Da qui vengono fuori le differenze sostanziali di chi ha una maggiore formazione visiva nella sua testa, una competenza narrativa, estetica.

Cosa hai apprezzato di questa iniziativa di Louis Vuitton?
Louis Vuitton si è posto in modo davvero intelligente rispetto al modo in cui si può veicolare il proprio nome, con il doppio risultato straordinario di diventare un mecenate di giovani cineasti, forse uno dei motivi per il quale bisogna apprezzare il capitalismo, e dall’altro quello di avere trovato delle personalità che faranno sicuramente parlare di sé. E poi la totale libertà creativa che ha lasciato ai registi, partendo da un tema che è parte del dna Vuitton.

Qual è stata la scintilla che vi ha fatto scegliere Yukinori Makabe, vincitore del premio della giuria dei Journeys Awards?
L’abilità e la dolcezza nel concepire il concetto di viaggio nello spazio e nel tempo in maniera del tutto imprevista: l’eclissi solare, l’amicizia tra due ragazzi, forse l’amore fra due ragazzi, e la memoria della loro infanzia. Tutto è così magico, senza perdere profondità.

Qual è il tuo rapporto con la moda?
La comodità per me è fondamentale. Ho molti amici che lavorano nel mondo della moda, sempre alla costante ricerca di stimoli molto profondi, non di superficie, e ho imparato che le tendenze non sono mai l’esito di un freddo piano a monte, ma scelte a caldo a livello intuitivo. Se poi anche da una piccola percentuale di una collezione prende avvio una ricodificazione del senso di come ci vestiamo e ci vestiremo, lo trovo davvero strabiliante.

Article: Leonardo Iuffrida
Translation: Alessandro Mancarella

Producer, scriptwriter, director and now jury president for the last edition of the Journeys Awards, which is a contest promoted by Louis Vuitton to support young filmmakers.
Undoubtedly Luca Guadagnino, born in 1971, has the talent for cinema. “Melissa P.” gave him fame, but “I am love” with Tilda Swinton made him gain the favour of the critics, heading him towards two important nominations, best foreign language film at the Golden Globes and best costume design at the Oscars. We sat next to him, while in the Roman Louis Vuitton’s Etoile space movie theatre all the winner’s short films were going over. Luca Guadagnino, in first person, tried to make us feel comfortable, showing politeness and elegance. Since the first questions he appeared mysterious, enigmatic, as an artist with a multi-faceted and subtle mind, whose words enclose a further rich, complex, deep and extraordinarily fascinating world.

When did you start loving cinema? When did you decide to fully invest in it?
The cinema is my life. I am what I do. I have never seen this kind of job as a way of investment. I didn’t invest anything. This is my way of being. A lot of my colleagues invested in some way, attended schools of cinematic arts, followed a standard path and usually, according to their talent, this is visible in their work. I have always wanted to do cinema, since I was a child. I also had a little super eight when I was 8 years old. I have never done anything without a true, authentic and inner vocation.

Which are the movies that marked your path?
I can name those films that come to my mind in this moment. “Elephant Man” by David Lynch, “1900” by Bertolucci, “Sunrise: a Song of two Humans” by Murnau. But as these three, there could be other 200. The idea of charts is so typical of a late global capitalism.

Which is the role that the cinema has in our present times and in general in the history, according to you?
The cinema always reflects the here and now. The cinema is so, if it shows the expression of a desire, collective or individual. And fashion does it too.

Is there a recurring research, a final aim at the base of your work?
I think that it is important to be always able to keep immediacy, an urgency of doing, even when you have to realize a full-length film that needs long studies and a deep grounding.

Which is your relationship with the web?
I read most of national and international headlines, such as repubblica.it, ilmanifesto.it, corriere.it and blogs such as The Sartorialist. In my opinion it is a bit stark blog, but the photos are really beautiful. It all began with shots taken to people dressed in their own style. Nowadays we are all dressed like The Sartorialist. It is nonsensical and unbearable.

Which is your point of view about digital technologies applied to fashion and cinema?
For example Louis Vuitton is able to realize objects of huge delight and desire also using highly technological fabrics. In the cinema world, technology allows a stricter selection because its usage is more accessible, and this gives the direct possibility to young filmmakers to do and in a better quality. From here, the substantial differences emerge between those who own a visual, narrative or aesthetic background in their minds.

What did you appreciate in particular about this Louis Vuitton initiative ?
Louis Vuitton decided to convey their name in a very clever way, with the double astonishing result of becoming a patron for young filmmakers, maybe one of the reasons for which we should appreciate the capitalism, and from the other side to have found strong personalities that will surely become someone in the immediate future. And then the complete creative freedom that they left to the directors, starting from a theme that is part of Vuitton DNA.

Why did you and the other Journeys Awards jury members decide to award Yukinori Makabe with the Jury’s Prize?
For his ability and gentleness in conceiving the idea of journey in space and time, with an uncommon point of view: the solar eclipse, the friendship between two boys, maybe the love between these two boys, and the memory of their childhood. All is so magic, without losing deepness.

Which is your relationship with fashion?
Comfort is essential in my lifestyle. I have a lot of friends working in the fashion industry, always searching for new deep inspirations, not superficial ones, and I have learnt that the trends never come as a result of a cold upline plan, but as hot choices at an intuitive level. If then even from a small part of a designer’s collection starts a recodification of the sense of clothing and wearing clothes, I find it extremely mind-blowing.

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