Strumento di tortura, di difesa, di inganni. Arma di piacere, seduzione e sevizie. Chance di una seconda vita. Protesi di un sentire artificiale. Pelle di un corpo postmoderno. E' la maschera.
Attraverso di essa nascondiamo i nostri sentimenti, i nostri sorrisi e le nostre lacrime durante le feste in costume, liberandoci per poco tempo dal tedio della quotidianità. Con le mille vetrine al neon che costruiamo attraverso facebook e myspace (solo per citarne alcuni) non si fa altro che tessere, con sadica grazia, un'ammaliante tela di ragno per innocenti passanti, che ingenuamente si lasceranno abbindolare dal nostro inganno. Ma anche tra il rispetto delle convenzioni, dell'educazione che sfiora il limite dell'ipocrisia, ogni giorno indossiamo una maschera. Non è anche vero che dobbiamo tipizzarci, trasformare in caricatura ciò che siamo, appartenere ad un gruppo, ad una tribù, essere riconoscibili, definibili, pena l'esclusione dalla comunità?
Ecco che la maschera si è materializzata, solidificandosi, cristallizzandosi all'esterno. Costrittiva, dolorosa, ingombrante, seducente, brillante, tempestata di diamanti, in filigrana d'oro puro. Sempre glamorous. Sempre artificiale. Tante maschere quante sono le mille sfaccettature del nostro io, quante le mille sfumature di ogni individuo. Persi in un'immagine-mosaico, che non ha centro nè ordine. E tragicamente fummo uno, nessuno, centomila...
di Leonardo Iuffrida


























Nessun commento:
Posta un commento